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Perché occorre dotare le politiche agricole dell’area UMOA/CEDEAO di strategie più incisive, sfrutta

Un programma di sviluppo della filiera di allevamento promosso dal Governo della Guinea, ha concesso in dono 5 000 galline provenienti dal Mali, e maiali dalla Costa d’Avorio agli agricoltori di Gueckedou ( leggere Ghekedu), una contea nel sud del paese, ai confini con Sierra Leone e Liberia.


Secondo le dichiarazioni delle autorità, l'iniziativa nasce per il semplice motivo che le galline della Guinea producono meno uova, circa 50 unità all'anno, in confronto a quelle del Mali, circa 160 unità all'anno. A tal proposito, le autorità governative intendono cosi “ridurre le importazioni di volatili ed altre tipologie di carne che pesano fortemente sul bilancio dello stato. Poiché importiamo fino a 34 000 tonnellate di pollo all’anno per soddisfare la domanda interna”.


Questo è un esempio palese di quanto il settore privato stenta tuttora ad individuare e valorizzare le opportunità affaristiche poste dall’integrazione economica nell’area. O per volontà del sistema, oppure per mancanza di mezzi, risultano persistenti disparità e discontinuità tra paesi membri, tra centri urbani e rurali, in termine di crescita e sviluppo delle attività imprenditoriali.


Di fronte ad una predilezione di molti imprenditori del settore agro alimentare, che siano autoctoni o stranieri, a concentrare gli investimenti nelle capitali piuttosto che in altri capoluoghi, o in prossimità di centri agricoli, si constata una certa “pigrizia” che contribuisce evidentemente a minare dinamiche e potenziali economici. D'altronde una "pigrizia" ben mascherata dalla volontà di minimizzare i rischi, ottenere guadagni facili e rapidi, che rende l'attività costosa e fallimentare.


Quando l’imprenditore medio capirà che il mercato ovest-africano non è solo costituito dai cittadini delle grandi città, ma da circa 350 000 000 di abitanti, in un territorio con un PIL complessivo di 628 miliardi di dollari se si considera tutta l’area CEDEAO, comprendente Ghana, Liberia e Nigeria?


A confortare tale assurdità di approcio a questo mercato, sia come nel Nord Nigeria nutrirsi costa 200 volte di più che a New York, mentre in Ghana, le importazioni di volatili dall'Europa costati 37 milioni di dollari tra Gennaio e Giugno 2016, incisero notevolmente sul valore della moneta locale fino ad indebolirla fortemente.


Sarà anche vero che il potere d’acquisto risulta molto debole, il tasso di disoccupazione altissimo, e i salari medi stimati a 100 dollari al mese, tuttavia questa valanga di programmi ed investimenti per le filiere agricole devono pur prendere in considerazione anche l’aspetto socio economico, rendendo più forti, meglio organizzate e redditizie le PMI agricole.


Sono proprio le strategie adottate dalle imprese locali che andranno mano a mano ad impattare le tendenze socio economiche, attraverso creazione/sviluppo d’impiego, di nuove ricchezze e nicchie di mercato, colmando deficit, lacune, migliorando il rapporto qualità e prezzo, e le modalità d’accesso ai prodotti da un target di mercato più vasto.


Le conseguenze di un tale lassismo sulla questione, è questa situazione paradossale in cui vige l'imprenditore agricolo locale, il quale non regge la concorrenza dei colleghi d'oltreoceano meglio avvisati sul proprio territorio. Pur sempre subendo il problema della disuguaglianza economica, delle scelte del consumatore medio, la responsabilità incombe all'imprenditore locale, poiché si trova tutto sommato in una posizione molto più vantaggiosa, soprattutto per quanto riguarda la fiscalità, con a disposizione risorse naturali e capitale umano a basso costo. Il target di mercato che spesso egli snoba, è quello che costituisce maggiore interesse per i produttori d'oltreoceano, specialmente cinesi. Rinforzare la sua capacità ad affrontare una concorrenza spietata, significa trovare il miglior modo di rivalutare, valorizzare e rispondere meglio alle esigenze della popolazione in materia di nutrizione, indipendentemente dal ceto sociale o luogo di residenza.


In effetti, la scarsità di cibo per certi nuclei familiari è dovuta sia dalla mancanza di un legame tra la produzione e circuiti di distribuzione, sia da prezzi troppo alti per via di una speculazione esagerata, che non prende minimamente in considerazione le spese d’esercizio. C'è un reale problema di definizione delle strategie imprenditoriali e commerciali nel settore agricolo.


Si spera che le Tableau de bord de la responsabilité des Leaders africains pour la nutrition (African Leaders for Nutrition -ALN), presentato oggi al vertice dell’Unione Africana, durante un incontro intitolato “Appello per una responsabilità rinforzata degli investimenti nella nutrizione”, presidiato dal Re Letsie III del Lesotho, e Akinwumi Adesina, presidente dell’African Development Bank, abbia preso in considerazione questi vari aspetti tecnici appena esposti.


E chi meglio dell’iniziativa imprenditoriale può assumere questo ruolo, adottando strategie più incisive e redditizie, magari allontanandosi dalle comodità o illusioni che offrono le grandi città, e migliorando il quadro micro/macro economico.


Altrimenti tutti questi dati su crescita del PIL, o numerosi prestiti, finanziamenti per il settore agricolo, anziché porre fine al problema della malnutrizione e sviluppare il settore, non faranno altro che costituire una bolla speculativa sui mercati borsisti, aggravare l’indebitamento di stati già molto poveri, retrogradare le performance, ed infine, togliere prospettive migliori alle generazioni future.


 
 
 

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